Presentato il variegato programma della 14ma edizione delle Giornate degli autori

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Ed anche il programma della quattordicesima edizione delle Giornate degli Autori, sezione autonoma all’interno della Mostra del Cinema di Venezia, è stato presentato a Roma, alla presenza del Delegato Generale Giorgio Gosetti, del Presidente del Consiglio direttivo Roberto Barzanti e del Vice-Direttore Sylvain Auzou.

Quella di quest’anno è un’edizione all’insegna dell’originalità e della diversità, che è tesa alla ricerca di voci autoriali fuori dal coro e che si prospetta vivissima e qualitativamente alta.

Spicca sicuramente una presenza importante del cinema italiano nella selezione ufficiale con ben 3 film, ovvero lavori di Vincenzo Marra, Matteo Botrugno e Daniele Coluccini e Valentina Pedicini.

Ma anche alcuni autorevoli ritorni come il cinese Pengfei ed il marocchino Faouzi Bensaïdi; mentre molto attesi sono anche il canadese Kim Nguyen, l’iraniana Shirin Neshat e il tailandese Pen-ek Ratanaruang.

Ecco, di seguito, l’elenco completo:

CONCORSO:
Candelaria, di Jhonny Hendrix Hinestroza (Colombia, Germany, Norway, Argentina)
Il contagio, di Matteo Botrugno, Daniele Coluccini (Italy)
Dove cadono le ombre, di Valentina Pedicini (Italy)
L’equilibrio, di Vincenzo Marra (Italy)
Eye on Juliet, di Kim Nguyen (Canada)
Longing, di Savi Gabizon (Israel)
Life Guidance, di Ruth Mader (Austria)
Looking For Oum Kulthum, di Shirin Neshat (Germany, Austria, Italy)
M, di Sara Forestier (France)
Samui Song, di Pen-ek Ratanaruang (Thailand, Germany, Norway)
The Taste of Rice Flower, di Pengfei (China)
Volubilis, di Faouzi Bensaidi (Morocco, France).

Sarà l’attrice e regista iraniana Samira Makhmalbaf la presidente della giuria delle Giornate degli Autori 2017, composta da 28 giovani spettatori di altrettanti paesi europei (quest’anno 15 ragazzi e 13 ragazze). Il progetto 28 Times Cinema, giunto alla ottava edizione, è promosso dalle Giornate degli autori con il sostegno del Premio Lux del Parlamento Europeo e di Europa Cinemas, e con la collaborazione di Cineuropa. Il Premio di €20.000 verrà diviso tra il/la regista e il distributore internazionale del film vincitore per aiutarne l’uscita cinematografica.

Completano il quadro alcuni grandi eventi speciali, come il prezioso documentario ritrovato di Ermanno Olmi che, grazie al lavoro dei ricercatori di Istituto Luce, ci racconta la Milano degli anni Sessanta e la stagione pionieristica della psicanalisi; e ancora, il biopic americano Agnelli di Nick Hooker, su una delle grandi figure internazionali del dopoguerra; e lo sconvolgente Il risoluto di Giovanni Donfrancesco che fa riemergere la dolorosa e poco conosciuta vicenda dei “bambini soldati” alla fine del fascismo.

Di seguito l’elenco:

EVENTI SPECIALI:
Agnelli, di Nick Hooker (U.S.)
Getting Naked: A Burlesque Story, di James Lester (U.S.)
La Legge del numero uno, di Alessandro D’Alatri (Italy)
Il risoluto, di Giovanni Donfrancesco (Italy, France)
Thirst Street, di Nathan Silver (U.S.)
Il tentato suicidio nell’adolescenza, di Ermanno Olmi (Italy)

Le PROIEZIONI SPECIALI comprendono invece tre inediti lavori di tre importanti protagonisti del nostro cinema: I’M (endless like the space), di Anne-Riitta Ciccone (Italy); The Millionairs, di Claudio Santamaria (Italy) e Raccontare Venezia, di Wilma Labate (Italy, France).

Due invece i corti dedicati al mondo femminile del WOMEN’S TALES PROJECT di Miuccia Prada: Carmen, di Chloe Sevigny (Italy, U.S.) e #14 (The [End of History Illusion], di Celia Rowlson-Hall (Italy, U.S.).

Sono stati annunciati, infine, dal Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, i tre film in competizione per il Premio Lux 2017; il film vincitore, votato dai membri del Parlamento Europeo, sarà sottotitolato nelle 24 lingue ufficiali dell’Ue e sostenuto nella promozione durante le uscite internazionali.

I film in questione sono:

120 battements par minute, di Robin Campillo (France);

Sámi blood, di Amanda Kernell (Sweden, Norway, Denmark)

Western, di Valeska Grisebach (Germany, Bulgaria, Austria).

32esima edizione della Settimana Internazionale della Critica: tante donne, molto coraggio e poca nostalgia

Una Settimana Internazionale della Critica all’insegna del coraggio, della provocazione e dell’innovazione quella che quest’anno propone il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (30 agosto – 9 settembre 2017).

Sette opere prime in concorso e due eventi speciali, tutti presentati in anteprima mondiale e derivanti dalla accuratissima selezione da parte del Delegato Generale della SIC Giona A. Nazzaro con i membri della commissione Luigi Abiusi, Alberto Anile, Beatrice Fiorentino e Massimo Tria.

Ogni film ha una propria dirompente identità – afferma Nazzaro – la voglia di rompere le convenzioni senza paura di osare, lanciando provocazioni mai fini a se stesse e optando per scelte non pianificate e inscatolate“.

La Settimana Internazionale della Critica ha affidato l’immagine della sua trentaduesima edizione al genio creativo del fumettista Carmine Di Giandomenico e alla sua visione in chiave cyber-fantasy. Una scelta inedita e innovativa per una sezione che racconta il cinema del presente e con esso il futuro, grazie ad una selezione di sole opere prime. Nell’immagine creata da Di Giandomenico – tra i pochi artisti ad aver collaborato con due tra le più celebri e attive case editrici di fumetti al mondo, Marvel Comics e DC Comics – la musa del Cinema plana sull’orizzonte lagunare riflettendosi nell’acqua, memore del passato ma proiettata nel futuro. Il Delegato Generale della SIC, Giona A. Nazzaro, ha spiegato: “Abbiamo voluto affidare a Carmine l’immagine di questa edizione proprio per la sua capacità di andare incontro al futuro conservando nel suo tratto e nel suo sguardo il sapere artigianale del racconto per immagini. Una strategia che avvertiamo come vicina alla nostra sensibilità e che ci permette di interrogare il presente e affrontare le sfide cinematografiche di domani, guardando con fiducia alle nuove tecnologie e ai nuovi linguaggi. Perché il futuro non va temuto, ma accolto“.

Ma veniamo ai film in CONCORSO:

Il film di apertura sarà l’inglese PIN CUSHION della regista Deborah Haywood, un racconto gotico al femminile ambientato nella periferia della classe operaia inglese, che unisce le angosce sensuali di Angela Carter e il sentimento di riscatto di Ken Loach.

Due, invece, le pellicole italiane: IL CRATERE di Luca Bellino e Silvia Luzi, una relazione padre-figlia strappata al quotidiano dell’hinterland partenopeo in un inedito mix fra Bellissima e la reinvenzione del musicherello neomelodico; e il film di chiusura VELENO di Diego Olivares, melodramma che annoda la tradizione del cinema civile italiano con quella della classica sceneggiata napoletana, con una appassionata Luisa Ranieri.

Dalla Germania arriva, invece, DRIFT, ancora di una regista donna, la giovane Helena Wittmann, opera visionaria e sperimentale, tesa fra arte contemporanea e cinema del reale e sicuramente destinata a dividere; dalla Francia, poi, il film “scandalo” di questa edizione, LES GARÇONS SAUVAGES di Bertrand Mandico, un febbricitante sogno erotico dove i capitani coraggiosi di Kipling s’innamorano dei marinai di Genet, dove Kenneth Anger seduce Mario Bava e Jean Cocteau sogna Edgar G. Ulmer.

Una Turchia priva degli stilemi dei film di denuncia è, invece, quella di KÖRFEZ di Emre Yeksan, parabola politica lieve e ironica che va oltre la lezione di Nuri Bilge Ceylan; mentre dalla Svizzera arriva SARAH JOUE UN LOUP GAROU della regista (ancora una donna) Katharina Wyss, che intreccia il teatro shakespeariano al mito della wagneriana morte per amore, in un approccio registico alla Nouvelle Vague.

Per concludere, il danese TEAM HURRICANE della regista Annika Berg (dalla produttrice Palma d’Oro a Cannes 2017 per The square), film di rumori, furori, grida e passioni giovanili, contaminatissimo e antinostalgico; e l’argentino TEMPORADA DE CAZA di Natalia Garagiola, storia di padri e figli in lotta, energica e sicura nel rapportarsi all’universo maschile, affermando però con forza la propria femminilità.

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Torna inoltre per il secondo anno SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana Internazionale della Critica), una selezione di sette cortometraggi di autori italiani non ancora approdati al lungometraggio e due eventi speciali, presentati in prima mondiale. Dopo l’anteprima a Venezia, i cortometraggi presentati a SIC@SIC verranno promossi a livello internazionale dal dipartimento Promozione internazionale cinema contemporaneo di Istituto Luce Cinecittà attraverso una serie di iniziative e festival, come la Mostra de Cinema Italià de Barcelona (sezione Concorso Cortometraggi), in programma a dicembre 2017 in Spagna. Inoltre, i corti saranno messi a disposizione dei professionisti di settore attraverso le piattaforme online Festival Scope Pro e Italian Short Film Video Library – strumento di promozione del cortometraggio italiano curato dal Centro Nazionale del Cortometraggio – e a fine novembre 2017, parteciperanno al TSFM – Torino Short Film Market, organizzato dal Centro Nazionale del Cortometraggio.

I titoli di quest’anno sono:

Adavede di Alain Parroni
Due di Riccardo Giacconi
Les fantômes de la veille di Manuel Billi
Il legionario di Hleb Papou
MalaMènti di Francesco Di Leva
Piccole italiane di Letizia Lamartire
Le visite di Elio Di Pace

Evento speciale – Cortometraggio d’apertura
Nausicaa – L’altra Odissea di Bepi Vigna
Evento speciale – Cortometraggio di chiusura
L’ultimo miracolo di Enrico Pau

All’isola del Cinema per incontrare i protagonisti del cinema di oggi e domani

Saranno due giorni ricchi di ospiti e di appuntamenti quella di domenica 23 e lunedì 24 per L’Isola del Cinema che consolida la sua tradizione di grandi ospiti e di un programma vario e poliedrico: da Riccardo Ferrero e il cast di Mma lovers never dies, a Anna Di Francisca e Paolo Perna per Due uomini, quattro donne e una mucca depressa. Al Cast di Ovunque tu sarai. A Carlotta Bolognini per presentare il suo libro MANOLO BOLOGNINI, LA MIA VITA NEL CINEMA.
Doppio appuntamento domenica 23 al Cinelab : alle 20.00,  in programma Mma lovers never dies di Riccardo Ferrero alla presenza del regista, del cast e dei produttori, il primo film italiano sulle arti marziali con Claudio Del Falco, Roberta Giarrusso, Luca Lionello, Tomas Arana, Maurizio Mattioli, Antonella Ponziani, Maya Ferrero, Piero Concilietti, Michele Verginelli, Davide Ferretti, Marco Leonardi, Sergio Friscia. Alle 22.00, a seguire, la regista Anna Di Francisca  e il compositore Paolo Perna presenteranno Due uomini, quattro donne e una mucca depressa, una commedia che vede protagonisti Miki Manojlovic, Maribel Verdù, Eduard Fernàndez, Manuela Mandracchia, Laia Marull, Ana Caterina Morariu, Gloria Muñoz, Hector Alterio, Carmen Mangue, Serena Grandi e con l’amichevole partecipazione di Antonio Resines e con Neri Marcorè.
Allo Spazio Q8, alle 20.00 per Cinema & Libri, in programma la presentazione del libro MANOLO BOLOGNINI, LA MIA VITA NEL CINEMA di Carlotta Bolognini e a seguire I FIGLI DEL SET di Alfredo Lo Piero.

Alle ore 21.30 all’Arena Groupama, sarà in programma La ragazza del mondo di Marco Danieli.

Ricco di ospiti anche il programma di lunedì 24: sempre al Cinelab (ore 22.00) per i Ciak d’Italia, Roberto Capucci scenderà sull’Isola con parte del cast di Ovunque tu sarai, per raccontare questa commedia che vede protagonisti Ricky Memphis, Primo Reggiani, Francesco Apolloni e Francesco Montanari impegnati in un viaggio alla volta di Madrid. Ovviamente per festeggiare l’addio al celibato!

Eventi a cura di Francesca Piggianelli

Atomica Bionda: una scatenata Charlize in un film fascinosamente cool

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Berlino, 1989, alla vigilia della caduta del Muro. L’agente segreto dell’Mi6 Lorraine Brought viene incaricata di recuperare una preziosa lista che contiene i nomi di tutte le spie d’istanza a Berlino e per la quale un collega è stato barbaramente ucciso. Per riuscire nella pericolosa impresa, dovrà allearsi con l’ufficiale governativo David Percival. Ma si accorgerà ben presto di trovarsi in un covo di vipere.

Dalla graphic novel di Antony Johnston e Sam Hart “The Coldest City”, Atomica Bionda è una spy story che sfrutta abilmente tutte le suggestioni estetiche e musicali della Berlino di fine ’80, città livida, elettrica e pullulante di intrighi. Una città in cui nessuno può fidarsi di nessuno, raccontata in quei frenetici giorni che precedono la caduta del Muro e nella sua contaminata esplosione di cultura pop, punk e glam.

Il regista David Leitch, con un passato da stunt-man e noto per essere stato il regista del primo John Wick, attinge a piene mani da tutti i cliché del genere, estremizzandoli e giungendo ad una stilizzazione che era propria anche del suo lavoro precedente.

Stavolta, però, l’elemento nuovo e sicuramente più eccitante è la presenza come eroina assoluta di una Charlize Theron glaciale e bellissima, perfetta nel ruolo di vittima e carnefice in un gioco delle parti che si perpetua per l’intera durata del film e che volutamente confonde e spiazza. Controllata e spietata, algida e passionale, Charlize merita da sola la visione del film, e sequenze come i bagni nei cubetti di ghiaccio, il sesso saffico con la collega Sofia Boutella e le sue esplosioni improvvise di violenza efferata sono già destinate a diventare dei cult. Charlize non si ferma proprio davanti a nulla, non utilizza controfigure nelle numerosissime e scatenate scene action ed è pienamente convincente in quel mix ammaliante di bellezza e impenetrabilità.

Atomica Bionda fa di tutto per essere cool e onestamente riesce spesso nel suo intento, grazie alla fotografia desaturata, alla talentuosa regia, alle mirabolanti scene d’azione (c’è perfino un omaggio a Stalker di Tarkovskij) e ad una splendida colonna sonora che comprende i brani più rappresentativi dell’epoca, da George Michael ai Cure, dai Queen ai Duran Duran, passando ancora per i Depeche Mode, i New Order e David Bowie.

La vicenda, narrata in flashback, pur mettendoci un po’ a carburare e perdendo spesso ritmo a causa soprattutto della lunga durata, affascina nel suo labirintico gioco di ribaltamenti e colpi di scena, manifestando la volontà di rendere il prodotto non solo un semplice spettacolo per gli occhi.

Insomma questa versione al femminile di James Bond è per noi felicemente promossa!

Roberto Puntato

USS Indianapolis: tra Storia e spettacolo old style

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1945, secondo conflitto mondiale agli sgoccioli. L’incrociatore USS Indianapolis, che in segreto ha trasportato una delle due bombe atomiche che porranno fine alla guerra, viene affondato, al suo ritorno, da un siluro giapponese al largo delle Filippine. I sopravvissuti, tra cui il Capitano McVay, attendono soccorsi in acqua, circondati dagli squali. Ma a causa della segretezza della missione, il governo decide di non intervenire, abbandonandoli a se stessi per 5 giorni. Toccherà a McVay fare di tutto per aiutare i membri del suo equipaggio.

USS Indianapolis di Mario Von Peebles è una miscela di war e disaster movie, che racconta, però, una vicenda drammaticamente reale e ancora misconosciuta. C’è pertanto il tentativo, non disprezzabile ma certo non nuovo, di far convivere una delle pagine più drammatiche della storia della marina  USA con il ‘classico’ spettacolo mainstream a suon d’effetti speciali. Tutto sommato, il film, pur se affatto memorabile, risulta abbastanza coinvolgente e potrebbe piacere al pubblico frequentatore delle sale estive, in cerca dell’intrattenimento senza grande impegno, nonostante la vicenda trattata sia tutt’altro che secondaria.

Il problema, però, è che USS Indianapolis sconta almeno tre pesanti paragoni: quello con Titanic di James Cameron, che viene in mente nelle numerose sequenze del naufragio; quello con il più recente Sully di Clint Eastwood, nel ritrarre un comandante il cui eroismo viene messo in discussione; e quello con il cult Lo squalo di Steven Spielberg nelle scene più concitate. Purtroppo, però, Van Peebles non è né Cameron né Eastwood né Spielberg e il suo film, lontano da qualsiasi personalità registica o stilistica, rimane anonimo e convenzionale, vecchio e stereotipato. Deboli gli effetti speciali, raffazzonati e banali i dialoghi, poco approfonditi i personaggi, compreso quello, fondamentale, del protagonista Nicolas Cage, che, con il volto fisso e impassibile, non aiuta certo a rendere convincente il suo McVay, capro espiatorio della negligenza altrui.

Alberto Leali

Félicité, il bellissimo film africano vincitore a Berlino, presentato a Roma

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Presentato il 14 luglio alla stampa presso l’Accademia d’Egitto di Roma il vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino 2017, Félicité di Alain Gomis. Il film è distribuito in Italia dalla coraggiosa KitchenFilm e sarà in sala dal 31 agosto. Félicité ha inoltre inaugurato il ROMAFRICA FILM FESTIVAL-RAFF, la preziosa rassegna del cinema africano che si tiene alla Casa del Cinema di Roma, giunta alla sua terza edizione con un programma ancora una volta di pregevole qualità (per info visitate il sito www.romafricafilmfest.com).

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Il film narra la storia di Félicité, una donna orgogliosa e indipendente, che si mantiene cantando in un locale a Kinshasa. La sua vita viene sconvolta, però, quando suo figlio quattordicenne rimane vittima di un incidente in moto e rischia di perdere una gamba se la donna non trova i soldi necessari all’operazione. Félicité inizia, così, la sua difficile ricerca in una città in cui regnano la povertà e la disperazione, potendo contare unicamente sull’aiuto del suo corteggiatore Tabu.

Una donna che lotta per cambiare lo stato delle cose, ma che non può essere del tutto padrona del proprio destino dovendo fare i conti con un Paese in cui dominano miseria ed ingiustizia. È questa Félicité, a cui è permesso di poter essere completamente libera solo nei sogni, in cui sembra ritrovare energia in una natura notturna, amica e partecipe, che si contrappone allo scorrere caotico ed incessante del quotidiano

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Il film si regge principalmente sulla presenza ed il carisma della sua protagonista, l’esordiente Véro Tshanda Beya, quasi una Mamma Roma africana che affronta la vita a testa alta e che non accetta, nonostante tutto, di prostrarsi alla rassegnazione. Una donna che è sempre riuscita a resistere al mondo, ma che dopo la caduta, inarrestabile e bruciante, deve con fatica ritornare alla vita. E ci riesce aprendosi all’altro, all’amore, al sorriso, alla speranza.

Il franco-senegalese Alain Gomis, al suo quarto lungometraggio, non cede a un manierato e prevedibile neorealismo o agli stilemi alla Dardenne, ma punta a una regia e a una scrittura ambiziose, che abbandonano la narrazione tradizionale per procedere per suggestioni, divagazioni malickiane, squarci onirico-simbolici e frequenti intermezzi musicali. Ne deriva un film raffinato, personale e stratificato, permeato dai silenzi ma anche dalla musica (Kasai Allstars, Arvo Pärt, eseguiti dall’Orchestra Sinfonica di Kinshasa), che incarna con efficacia la complessità contaminata della città africana. Un film nettamente diviso in due parti: una prima, bellissima e semidocumentatisica, che esplora, attraverso il vagare instancabile di Félicité, le periferie di Kinshasa e le sue contraddizioni, e una seconda, più ondivaga, libera e spiazzante, tutta puntata sull’interiorità della protagonista e sul suo tentativo di affrancarsi dall’apatia, dalla disperazione e dall’autodissoluzione.

La macchina da presa segue da vicino i personaggi tramite espressivi e suggestivi primi piani, ma si abbandona anche a concitate scene di gruppo, dominate dal canto e dalla danza.

Un film imperdibile, che ha entusiasmato il Festival di Berlino e che non mancherà di emozionare tutti gli amanti della settima arte.

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Félicité è il primo film che faccio – afferma l’attrice Véro Tshanda Beya in conferenza stampa- Ho fatto studi commerciali, finanziari, di parrucchiera… e sono una cantante più che un’attrice. Un amico mi ha proposto di partecipare al casting perché il regista Alain Gomis non trovava l’attrice giusta. Io l’ho fatto sei volte e alla fine Alain ha capitolato perché diceva che più che il personaggio avevo la carica interiore che lui cercava. Vorrei continuare a fare l’attrice, faccio tutt’ora tanti casting. Mi piacerebbe che questa fosse la mia strada definitiva. Quella del film è purtroppo una storia che viviamo in Congo quotidianamente. Il nostro sistema funziona così. I premi sono importanti, ma ciò che vale di più è il desiderio che passi il messaggio del film‘.

Patrizio Carnevale, Ostetrico-operatore umanitario di Medici Senza Frontiere Italia afferma: ‘Medici Senza Frontiere ha molti progetti in Congo, specie nella zona di Kivu, molto ricca di risorse, ma problematica per la popolazione che necessita di cure sanitarie, perché deve raggiungere le località vicine, che richiedono spesso giorni e giorni di viaggio. Proibitivo è infatti il raggiungimento dei luoghi con i mezzi di trasporto. La struttura sanitaria locale è divisa in province e la situazione di ognuna è spesso di grande difficoltà. L’accesso alle cure è purtroppo per pochi, ma il nostro intervento cerca di colmare lacune difficili da superare. Cerchiamo di entrare in punta di piedi in una cultura molto diversa dalla nostra e di sostenere in tutti i modi il sistema sanitario locale per lasciare una eredità importante al personale del luogo e al sistema del Congo. Difficile è riuscire a trovare la chiave per far comprendere alla gente la situazione in cui versano queste popolazioni’. E a proposito del personaggio di Félicité afferma: ‘Le donne congolesi sono coraggiose e incredibili: per loro nutro una profonda ammirazione. Rappresentano tanto nella società congolese e Félicité rispecchia tutte loro con il suo orgoglio e la sua determinazione‘.

‘Ho sempre pensato che sono le cose a scegliere me e non io loro – afferma la distributrice della KitchenFilm Emanuela Piovano – quasi come una vocazione o una chiamata. Per Félicité è stata la prima volta che ho visto un film da me distribuito in anteprima. Ne sono rimasta profondamente colpita. Ho saputo solo in seguito che avrebbe partecipato a Berlino e ancora successivamente che aveva vinto il Premio della giuria. Me lo hanno affidato per distribuirlo, perché è un po’ come se lo avessi scoperto io. Oggi si crea quasi un secondo mercato distributivo, molto ricco di offerta, ma con operatori molto cristallizzati e legati a sistemi distributivi che nn li soddisfano. C’è però aria di grande rinnovamento e specie quest’anno l’ho sentito molto’. In riferimento al regista di Félicité ha inoltre affermato: ‘Anche Alain Gomis è rimasto molto attratto dal Congo, pur non essendo di radici congolesi, ma un europeo che si definisce meticcio. È la prima volta peraltro che mette al centro di un suo lavoro un personaggio femminile. Il suo non è cinema verità, non ci sono scene rubate. Anzi, ci sono firme importanti del mondo del cinema, che hanno girato le parti documentaristiche e lo stile registico è molto innovativo e raffinato’.

Alberto Leali

Ortigia Film Festival: torna la kermesse dei giovani autori italiani

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Torna dal 15 al 22 luglio l’Ortigia Film Festival, giunto alla sua IX edizione. La kermesse cinematografica della città di Siracusa, diretta da Lisa Romano e coaudiuvata da Paola Poli, è dedicata alle opere prime e seconde del cinema italiano, ai documentari e ai cortometraggi italiani e internazionali. Tanti gli ospiti che, come ogni anno, si daranno appuntamento nella splendida cornice di Siracusa. Madrina del Festival la promettente Daniela Virgilio, nota al grande pubblico per la sua interpretazione nella serie Romanzo Criminale.

Si parte il 15 luglio con Dopo la guerra di Annarita Zambrano, in anteprima siciliana. Il film apre il concorso lungometraggi. Già presentato al Festival di Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard, affronta il tema del terrorismo attraverso una chiave di lettura intima e inedita. Il 16 luglio sarà la volta de I figli della notte, debutto molto apprezzato dalla critica, presentato in sala dal regista Andrea De Sica. Il 17 luglio verrà proiettato Il più grande sogno opera prima di Michele Vannucci con in sala gli interpreti Mirko Frezza e Milena Mancini. Il 18 luglio sarà la volta de Il padre d’Italia, secondo lungometraggio per Fabio Mollo; a presentarlo al pubblico del festival il regista insieme alla sceneggiatrice Josella Porto e alla protagonista Isabella Ragonese, che riceverà per l’occasione il Premio “Veramente Indipendente” messo in palio dal portale cinemaitaliano.info. Il 19 luglio sarà proiettato Orecchie l’opera seconda di Alessandro Aronadio: in sala il regista e Andrea Purgatori nell’inedita veste di interprete. Sempre da Cannes 2017, arriva il 20 luglio anche Sicilian Ghost Story, alla presenza dei registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza.

Il 21 luglio chiuderà la sezione lungometraggi, in anteprima siciliana, Taranta on the Road di Salvatore Allocca che incontrerà il pubblico insieme al protagonista Alessio Vassallo.

Sarà per lo più “musicale” la vetrina dei documentari con The Rolling Stones Ole’, Ole’, Ole’!: A Trip Across Latin America di Paul Dugdale, I’m Not Your Negro di Raoul Peck, Nessuno mi può giudicare di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, Pino Daniele – Il Tempo Restera’ di Giorgio Verdelli, Pellegrino di Ruben Monterosso e Federico Savonitto, Il principe di Ostia – Bronx di Raffaele Passerini e The Black Sheep di Antonio Martino. Proiezione speciale per Motori ruggenti di Marco Spagnoli, che lo presenterà il 21 luglio prima dell’uscita cinematografica fissata per il 25 luglio.

Molti i cortometraggi in concorso scelti tra i tantissimi giunti al Festival da numerosi paesi del mondo. Tra tutti guiderà i corti in concorso l’anteprima mondiale di Veneranda Augusta di Francesco Cannavà ambientato nel polo petrolchimico più grande d’Europa che si trova ad Augusta vicino a Siracusa. Qui il tasso di mortalità per tumori è superiore al 30%. Unica voce a sostegno delle famiglie è quella del parroco che denuncia ciò che sta accadendo diventando un punto di riferimento per quanti vivono in quell’area inquinata.

“Vita e ribellione” è il tema di molti dei film presenti quest’anno al Festival: dal terrorismo alla mafia, dagli immigrati al diritto di paternità, dalla ribellione adolescenziale fino a quella contro lo stato connivente.

Giurie di prestigiosi professionisti valuteranno i film di questa IX edizione di Ortigia Film Festival. Fabio Ferzetti in qualità di Presidente della Giuria del Concorso lungometraggi, insieme a Maria Sole Tognazzi e a Marco Giallini saranno chiamati a valutare le opere presenti. Di Maria Sole Tognazzi e Marco Giallini saranno inoltre proiettati Viaggio sola e Tutta colpa di Freud. A comporre la Giuria dei corti sono invece Andrea Sartoretti (presidente) che presenterà il suo corto Armando, la costumista Isabella Rizza e la produttrice Simonetta Amenta.

Tra i giurati del festival anche il pubblico di Ortigia che assegnerà, tramite votazione: il premio Miglior Film e Miglior Corto. Il portale Cinemaitaliano.info in collaborazione con Ortigia Film Festival assegna inoltre 2 premi al Film e all’interprete dell’anno “Veramente Indipendente”.

Il Festival ha il sostegno di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – MiBACT ed è realizzato nell’ambito del Programma Sensi Contemporanei Cinema, “Regione Siciliana – Assessorato Turismo, Sport e Spettacolo – Ufficio Speciale per il Cinema e l’Audiovisivo”, “Sicilia Filmcommission” con il patrocinio del Comune di Siracusa.

Per maggiori informazioni, visitare il sito:

http://off9.ortigiafilmfestival.com

Black Butterfly: thriller psicologico dalle molte sorprese

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Paul è uno scrittore in crisi creativa che vive in una casa desolata fra i monti, spesso e volentieri attaccato a una bottiglia. Un giorno fa la conoscenza di un giovane vagabondo ed ex galeotto, Jack, che si insinua gradualmente nella sua vita, offrendosi di aiutarlo a ritrovare il suo estro creativo. Eppure ciò che pare casuale, forse non lo è.

Adattamento del film francese per la TV Papillon noir, Black Butterfly è un thriller psicologico che si svolge nel cuore della natura e che mette a confronto due personalità cariche di ambiguità, ciascuna determinata a scrivere la fine della storia dell’altra.
Il regista Brian Goodman confina l’azione di Black Butterfly quasi interamente tra le mura di una baita di montagna, ma riesce a coinvolgere per buona parte del film, grazie alla capacità di dosare efficacemente tensione ed emozioni.

Confondendo di continuo finzione e realtà e utilizzando l’escamotage, pur se non nuovissimo, della storia nella storia, il film inizia in un modo e si trasforma gradatamente in qualcos’altro, riuscendo nel non facile intento di spiazzare lo spettatore. Se, infatti, nella prima parte sembra di assistere a un thriller fiacco e convenzionale, che semina dubbi in realtà facilmente districabili, nella seconda veniamo travolti da un ribaltamento dei ruoli che è più sorprendente di quello che ci si aspettava. Se può non convincere l’ultimo deludente colpo di scena, ciò che affascina è l’efficace e plausibile prefinale che giustifica i volutamente pacati e non particolarmente originali primi tre quarti d’ora della pellicola. Antonio Banderas e soprattutto Jonathan Rhys Meyers sono piuttosto convincenti nei loro ruoli, anche se certamente non memorabili; una chicca gustosa è, però, la presenza del regista cult Abel Ferrara, che appare brevemente nel ruolo di un ruvido commerciante di alimentari.

In sintesi, Black Butterfly è intrattenimento puro, senza pretese autoriali, nonostante gli evidenti omaggi a Spielberg, Kubrick e Reiner, che però riesce, a suo modo, a distinguersi dalla massa indistinta di prodotti similari.

Alberto Leali

 

The War – Il pianeta delle scimmie: un notevole capitolo conclusivo

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La guerra tra esseri umani e scimmie è ormai giunta all’apice. Quando il comandante degli umani, noto come il Colonnello (Woody Harrelson), uccide i membri del branco di Cesare (Andy Serkis), quest’ultimo è pronto a vendicarsi.

La bella trilogia iniziata con L’alba del pianeta delle scimmie (2011) e proseguita con Apes Revolution (2014) giunge al termine con questo altrettanto notevole The War – Il pianeta delle scimmie. Il regista Matt Reeves, anche sceneggiatore con Mark Bomback, mette in scena un film di intrattenimento avventuroso al contempo epico, libero e personalissimo, che utilizza al meglio sia la grandezza della macchina produttiva hollywoodiana, che una spiccata e suggestiva autorialità.

Permeando il suo lavoro di un’atmosfera cupa e cruenta, Reeves ci mostra uomini regrediti allo stato primordiale, che hanno perso la parola e la ragione, in contrapposizione a scimmie evolute e intelligenti che rappresentano l’unica possibilità di speranza e di salvezza in un mondo di dolore e tragedie.

E se Cesare sogna per il suo popolo la pace e la ricostruzione, il Colonnello è convinto che la sola strada possibile per il miglioramento umano sia lo sterminio dei ‘diversi’. Eppure della guerra del titolo se ne vede ben poca e il conflitto fra le due categorie si svolge quasi interamente nell’animo e nella testa di ognuna, nel contendersi la tristezza e la desolazione del vuoto e della barbarie.

The War – Il Pianeta delle Scimmie ci catapulta, così, in una realtà soffocante, claustrofobica, oppressiva, cieca, in cui tutti pagano a caro prezzo le loro scelte. E anche Cesare, ferito e attanagliato dai conflitti interiori, arriverà a cambiare profondamente la sua natura, scoprendosi perfino l’opposto di quel che ha sempre creduto di essere.

Riuscitissima e quasi stupefacente la prima parte: evocativa, aperta, ondivaga, sempre attenta a sfuggire le soluzioni visive e narrative più scontate. La seconda, invece, ricchissima e vorticosa, condensa una molteplicità infinita di temi ed emozioni e si conclude con un epilogo che non mancherà di soddisfare i fan della saga.

Nulla è lesinato dal punto di vista dell’impatto estetico ma c’è, cosa più unica che rara in un blockbuster, un equilibrio miracoloso tra lo spettacolo per gli occhi e il calore del cuore.

Il racconto è semplice e lineare, ma puntuale ad ogni livello e ad ogni lettura e si apre a messaggi universali e condivisibili, ricordando come i peggiori conflitti nascano da motivi futili ed egoistici ed esortando ad una solidarietà difficile, ma indispensabile per risolvere i mali del mondo.

Moltissimi i riferimenti biblici e cristologici, ma anche le citazioni filmiche, da Apocalypse Now ai western anni ’50; inoltre, come la bambina dal cappotto rosso di Schindler’s List, anche la piccola Nova di The War – Il Pianeta delle Scimmie si aggira candida e quasi invulnerabile fra l’orrore e la morte, simbolo di luce e speranza.

Straordinaria la CG: le scimmie sembrano del tutto umane e realistiche e pare quasi inverosimile di vedere dei modelli virtuali.

Roberto Puntato